Torino Sette
  • 5 October 2006

SECONDO appuntamento il 29 settembre alle Fonderie Limone con il Ballet du Grand Théatre de Genève per Torinodanza, undicesimo Focus, intitolato Festival. In programma "Allegro Macabro" di Francesca Lattuada e "Loin" di Sidi Larbi Cherkaoui. il primo vuole essere un esercizio di poesia danzata in cui lo spettatore si lascia completamente catturare, grazie anche all'originale colonna sonora che spazia dalle sonontà colte di Giacinto Scelsi alla musica popolare del Sud Italia, assando per il celebre "Romeo e Giulietta" di Sergej Prokofiev. "Loin" invece, su musica barocca tedesca, si interroga sulla distanza tra gli esseri, le epoche e le culture secondo lo stile ormai consolidato di Cherkaoui che il Pubblico di Torinodanza ha conosciuto lo scorso anno come danzatore in "Zero Degreesw .

Giovedì 5, venerdì 6 e sabato 7 ottobre, ore 21 al Teatro Astra tre serate con coreografie di Paola Bianchi e la compagnia Agar che firma "Corpus Hominis". Soltanto il sette, èprevisto anche "Behind the door" uno short format di Gabriella Cerritelli.
I1 brano di Paola Bianchi prevede in scena tre danzatori, Alessandro Bedosti, Matteo Bologna, Matteo Garattoni che si muovono su musiche originali di Fabio Barovero. Il lavoro parte da una riflessione sul corpo "..come luogo in cui si inscrivono i rapporti di dommio e di subordinazione. Non rivelerò il potere. Rivelerò la vittima, vittima di se stessa, di quel self care che è la cura ossessiva, quotidiana: il corpo. corpi, soli, spettatori del mondo. In una società definita somatic society tecnologia epistemologiche, etiche ed estetiche disciplinano, adornano, puniscono, celebrano il corpo" sottolinea Paola Bianchi nelle note di coreografia. Lo spettacolo è una produzione della compagnia Agar, di e della Regione Piemonte.

"Behind the door", short format (2006) di e con Gabriella Cerritelli che danza insieme a Paolo Data Blin, è completato da un video di Enrica Viola, è declinato su un collage musicale molto complesso che va da Ryuichi Sakamoto a Leonard Cohen, e intende essere un viaggio, che partendo da un'esperienza di violenza rimossa, esplora diversi livelli di percezione de lla realtà e del tempo per indagare.le radici di una dinamica relazionale.

Torino Sette
  • 28 September 2006

Torinodanza Focus 11, titolo Festival. Perchè questa volta non c'è un motivo conduttore, un filo tematico forte che unisca i vari spettacoli della rassegna di danza contemporanea che si è aperta all'interno di Settembe Musica, a inizio settembre con i Ballets C de la B di Alain Platel e lo spettacolo "VSPRS" e che ora prosegue, a partire dal 28 settembre, con altri cinque appuntamenti tutti di grande livello. [...]

PAOLA BIANCHI E GABRIELLA CERRITELLI.
Sono protagoniste di un progetto articolato in due appuntamenti con la compagnia Agar, due brani dal titolo "corpus hominis" (Paola Bianchi) e "Behind the door" (Gabriella Cerritelli). Due novità assolute. il nuovo spettacolo di Paola Bianchi - risultato di un impegno di Torinodanza e della Regione Piemonte, oltre che del sostegno di Drodesera e del Teatro Petrella di Longiano (FC) - vede sulla scena tre danzatori uomini. Un lavoro sul corpo inteso come luogo in cui si inscrivono i rapporti di dominio e subordinazione.

"Behind the door" coreografia di Gabriella Cerritelli, video di Enrica Viola, protagonista Paolo Data Blin con musiche molto particolari partendo da un'esperienza di violenza rimossa, esplora diversi livelli di percezione della realtà e del tempo. [...]

La Repubblica (To)
  • 27 September 2006

E il balletto si riprende il palcoscenico della città

Inaugurato nell'amblto di Settembre Musica dallo scioccante e applauditissimo vsprs di Alain Platel. I'undicesimo Focus di Torino Danza ritorna domani aIle 21 alle Fonderie Limone di Moncalieri (e poi fino al 22 ottobre nei Teatri Astra e Nuovo)con un'intensa tranche di spettacoli di danza e teatro-danza creati per importanti compagnie o per se stessi, da sei coreografi in cerca di senso. nel cataclisma di un mondo patologizzato che è oggi la normalità. Sette spettacoli che indagano l'anima mundi convinti come Hillman, che insieme alla patologia esistano psiche & eros. tra universi incantati e scenografie arabeggianti, rapporti di dominio e violenze rimosse. vinuosismo circense e corporeità virtuale. [...]

la Stampa
  • 3 March 2004

... Molto interessata all'espressione globale del corpo legato agli elementi della danza afro è anche Gabriella Cerritelli che da più di vent'anni si occupa di questa tradizione culturale, organizzando corsi e spettacoli.

"Per me - racconta Gabriella - lavorare sui principi di base della danza africana significa acquisire un linguaggio per esprimere se stessi ritornando alle radici profonde del nostro essere, soprattutto a livello fisiologico, perché è un danzare molto legato alla terra e al ritmo, sentendo in modo particolare il collegamento che il corpo ha con le forze circostanti e con le altre persone. E' proprio una caratteristica della cultura africana il fatto che il corpo sia molto presente a livello di comunicazione. Mi interessa quest'aspetto e il lavoro sulla ritualità del movimento, perché consente di accedere a degli spazi che in genere rimangono un pò oscuri nel nostro essere". Questo lavoro di ricarca deriva anche dalla formazione particolare di Gabriella che ha iniziato con il teatro e dopo aver incontrato i maestri africani Ebsa Wolliston e Koffi Koko si è orientata verso la danza d'espressione africana, declinandola secondo uno stile legato non tanto ad una grammatica formale di passi, quanto ad un lavoro di consapevolezza e ascolto del corpo. "Non riproduco mai letteralmente sul palco - spiega Gabriella Cerritelli - passi o danze che arrivano dalla tradizione africana, perché è un pò come azzerarsi e lasciare che il corpo racconti la storia di quel momento preciso in cui attingi alle tue conoscenze, non in senso formale, ma in senso appunto espressivo. Per questo i miei corsi sono frequentati da persone che in primo luogo traggono da questa danza un benessere fisico e psicologico così come ci sono persone che con l'andare del tempo sviluppano un interesse più specifico per la danza e il lavoro creativo e mi seguono anche da più di dieci anni".

Liberazione
  • 5 February 2004
  • Performance per l'inaugurazione della mostra fotografica di Francesco Carbone

Salvadorà de mi vidà.
Una serata dedicata a Pina Baush, per il ciclo culturale Zooart alla Casa della Pace in via di Monte Testaccio 22 a Roma e alla trentennale attività del Wuppertal Tanztheater. Parole, musiche e danza per rivivere il percorso artistico di una tra le più rappresentative coreografe e regista dei nostri tempi. Videoproiezioni, buffet e una splendidamostra: "Salvadorà de mi vidà" di Francesco Carbone, il fotografo che segue attraverso la sua sensibilità artistica il lavoro di Pina, fondatrice proprio di quel Wuppertal Tanztheater, una forma originale di "teatro totale", dove Bausch ha saputo riunificare generi e linguaggi teatrali da secoli divisi. Le sue creazioni artistiche, in bilico tra ironia e disperazione, rispecchiano la frammentarietà linguistica e i disagi esistenziali, ma anche la poesia struggente ei nostri tempi. I suoi spettacoli, realizzati da una composizione di elementi drammaturgici prodotti da danzatori-attori attraverso l'improvvisazione, hanno fatto scuola nel modo intero, stimolando a nuova vita la danza in molti Paesi. La serata è introdotta alle 21 da Francesca Beatrice Vista e ci tocca l'anima la danza di Gabriella Cerritelli.

Mostra di Mariangela Palmisano
  • Chiara Novara

Il ritmo, il movimento del corpo femminile sono i protagonisti della mostra fotografica "La luna... e altre storie" firmata dall'eclettica Mariangela Palmisano. Sei sequenze a gruppi di cinque foto raccontano storie emotive del vissuto femminile, immagini rigorosamente in bianco e nero di piccolo formato stampate dall'autrice. Unica parentesi "colorata" l'installazione "ametista", la pietra preferita dalla fotografa. Il gallerista Mario Merendino apre gli spazi espositivi di Regard ad un lavoro inedito della fotografia torinese celebre per le immagini africane. "Un lavoro che mi ha colpito per la ricerca profonda sulla figura - afferma il giovane gallerista - Non si tratta di un reportage, ma di pura ricerca. È costante nei lavori della Palmisano la ricerca della dimensione femminile. Ogni foto è introspettiva, rivedo nelle storie esposte la stessa ricerca dei reportage africani, solo che in queste è concettualizzata".
Storie del vissuto femminile in cui non compare mai il volto dell'unica protagonista, la danzatrice e coreografa Gabriella Cerritelli. Come se il volto distraesse il lavoro della fotografa, l'obiettivo è focalizzato sul corpo mai volgare nonostante i nudi, ma flessuoso e snodato come quello di una danzatrice tribale, dipinto come nei tradizionali riti africani. Un corpo che gradualmente si spoglia di una condizione da reclusa, da una donna stereotipata. Dalla sequenza della "fuga", tra le pareti di una casa fatiscente e quelle di un montacarichi dei Dox Dora "in the box", la donna si libera di una condizione, ritrova la luna, " Intesa come il mondo femminile" afferma la Palmisano. Una condizione femminile che cerca di andare oltre nella sequenza "tracce dell'altro sé", fino alle due sequenze più ammirate "sciamana" e "il risveglio della dea", prima i richiami ai riti africani poi le foto scattate tra manichini di uno studio-laboratorio dell'artista Giorgio Franco. Immagini strane, inquietanti, quasi metafisiche ma d'effetto.
La mostra presenta varie sfaccettature e molte letture: "quando ho iniziato a scattare cercavo solo il senso del corpo, non del rituale, poi cucendo quest' esposizione sono nate delle storie dell'universo femminile". Un universo in cui, secondo l'autrice, esiste una sorta di rituale magico composto da piccole magie quotidiane. Con l'attuale mostra il gallerista Merendino inaugura la libreria interna dedicata ai maestri della fotografia e i nuovi accostamenti all'arte con un'opera di Laganà, "Sua remittenza", un assemblaggio-scultura del famoso scultore..

Donne in Viaggio www.donneinviaggio.it
  • 15 May 2005
  • Cati Schintu – Stefania Levi
  • gesto che si fa poesia: intervista a Gabriella Cerritelli

Un gesto morbido e pensoso, il braccio che disegna nell’aria un’onda di mare

Così Gabriella Cerritelli, danzatrice e performer, racconta l’esperienza del movimento come espressione e consapevolezza della propria interiorità, e di relazione e comunicazione con l'esterno.
Nata a Verona nel 1964, vive e lavora a Torino ormai da molti anni dove è diventata uno dei punti di riferimento della danza contemporanea.
L’espressione corporea è da subito al centro della sua ricerca artistica: il suo percorso inizia nei laboratori teatrali ispirati alla lezione di Jerzy Grotowski, Eugenio Barba e Peter Brook, basata sulla valorizzazione del corpo dell’attore, che attraverso un training fisico e spirituale lavora su se stesso e sul proprio corpo come strumento privilegiato per raggiungere e coinvolgere lo spettatore.
Parallelamente, la sua ricerca di nuovi linguaggi e possibilità comunicative corporee si apre anche alla danza e in particolare alla danza di espressione africana. Di fondamentale importanza è l'incontro con i maestri Elsa Wollianston e Koffi Koko.

«La mia formazione – spiega – è stata multiforme grazie all’incontro con artisti di diverse discipline, danza, teatro, mimo, clownerie, taijiquan. L’eterogeneità dei miei maestri mi ha consentito una visione più aperta e complessiva del mio lavoro dove però è sempre centrale la ricerca su di sé e l’apertura verso l’altro.»

Quali sono state e continuano a essere le linee guida della tua ricerca?
«Mi piace sottolineare alcune modalità che caratterizzano il mio modo di fare danza. Credo sia molto importante concentrarsi inizialmente sullo svuotamento del sé, ovvero creare una situazione di vuoto interiore attraverso la quale si giunga a una condizione di ascolto, che permette al corpo di esprimere liberamente la propria spinta interiore e di entrare in relazione in modo creativo con altri elementi in gioco, ad esempio cercando nel ritmo della musica i fili invisibili che lo muovono. In seguito si può passare alla fase del rigore formale, al controllo della perfezione del movimento. In queste due fasi riconosco sia il mio percorso di crescita, sia il lavoro preparatorio di ogni sessione quotidiana.»

Nel 1990 Gabriella Cerritelli scopre la cultura africana grazie alla danzatrice Irene Tassembedo con la quale partecipa a un viaggio-studio in Burkina Faso. Al rientro in Italia, nello stesso anno, dà vita all’associazione “Tao.Ba.To” che organizza corsi e stage di danza di espressione africana.

Che tipo di affinità hai trovato con la cultura africana?
«Nella cultura africana ho ritrovato aspetti che hanno contrassegnato anche il mio percorso, ad esempio l’improvvisazione e l’importanza del contatto che si stabilisce tra il danzatore e il musicista. Questa interazione, oltre che essere sempre presente nelle mie lezioni, è un elemento cardine di tante mie performance con il musicista Gian Piero Gillio, con cui collaboro da anni, nelle quali improvvisiamo entrambi.»

Danza contemporanea e danza africana, ovvero modernità e tradizione millenaria: come riesci a mettere in relazione elementi culturali così apparentemente lontani?
Dò voce a un elemento comune a entrambe, la libertà espressiva del corpo: assecondo la consapevolezza della corporeità, non la forzo nei movimenti rigidi di uno stile preconfezionato. La tradizione africana è di per se stessa l’antitesi della rigidità. La libertà che deriva nell’associare danza africana con quella creativa contemporanea è quasi un percorso fisiologico.
Durante i miei corsi sottolineo sempre l’importanza di stabilire un contatto con la terra, e, non in ultimo per importanza, tra i ballerini stessi, concetti propri della danza africana. Solo al corso di livello intermedio e ancor più all’avanzato, passo a una cura più rigorosa dell’aspetto formale del movimento.»

Come vivi l’esperienza dell’insegnamento e il rapporto con gli allievi all’interno del tuo percorso artistico?
Insegno quattro sere alla settimana e posso dire senza esitazione di considerare gratificante questo impegno. Lavoro a formare tre gruppi divisi per gradi di esperienza, il mio approccio è differente con ciascuno, ma non mi sento meno coinvolta con quello base di quanto non lo sia con l'intermedio o l’avanzato.
Tendo a guidare i meno esperti verso una breve concentrazione meditativa che porta all’ascolto e allo svuotamento del “sé” per poi passare alla seconda fase della lezione, quella liberatoria, la parte dedicata al movimento e alla consapevolezza del corpo. Con gli altri due gruppi sono più rigorosa, ma credo che con tutti valga il principio che da parte mia ci debba essere il coinvolgimento di chi trasmette una conoscenza, anche se questa non verrà poi utilizzata professionalmente.
Durante questi quindici anni di insegnamento ho avuto modo di notare che i corsi sono frequentati soprattutto da donne. Non amo generalizzare, ma in questo caso credo di potere dire con certezza che ci sia nelle donne una maggiore inclinazione verso l'apertura e la capacità di abbandonarsi agli impulsi segreti del corpo senza freni inibitori.

Nel tuo percorso artistico si rintraccia spesso la riflessione sulla condizione femminile.
«Certo. Nel mio lavoro, nella mia ricerca, l’espressione dell’identità femminile è basilare.
Nella danza africana il maschile e il femminile hanno una loro forza distinta capace di entrare in comunicazione, io sono convinta che la differenza di genere si possa e si debba tradurre in una grande ricchezza espressiva quando è capace di andare oltre gli stereotipi.
Finora ho prodotto due spettacoli dedicati a questa riflessione, entrambi ispirati alle poesie di Alda Merini, “No me molestes”, del 1999, e “Vuoto d’amore”, presentato nel 2002.
“No me molestes” è uno spettacolo che ho preparato con l’attrice Francesca Rizzotti in occasione della festa della donna. Ci era stato proposto di affrontare il problema della violenza sessuale, noi l’abbiamo elaborato affidandoci alle suggestioni dei versi della Merini, un’artista che ci ha colpito per la sua forza evocativa.
“Vuoto d’amore” nasce nello stesso percorso di ricerca sulla violenza, sulla perdita di sé, emblema di una specificità femminile negata e che sa rendersi vitale anche attraverso la sofferenza. La raccolta di poesie della Merini che porta questo titolo parla di una donna invasa e devastata da un potere che tenta di annullarne la forza e la parola stessa.»

“Io sono certa che nulla più soffocherà la mia rima,
il silenzio l’ho tenuto chiuso per anni nella gola
come una trappola da sacrificio”

e così il corpo si muove nel ritmo della poesia, in uno scambio e fusione continui.